L'inquinamento atmosferico può aumentare il rischio di ammalarsi
Il rapporto tra cancro al polmone ed inquinamento atmosferico da smog, presenta un rapporto di 8 a 71 % rispetto al fumo di sigaretta, che resta certamente una delle cause più certe e gravi di induzione del tumore polmonare. Con una certa sicurezza possiamo affermare che è dal processo infiammatorio, che viene indotto dallo smog, parola generica dentro la quale si trovano le polveri fini o ultrafini ( rispettivamente di 10 e di 2,5 micron) che si innesta la trasformazione cellulare che induce la genesi di un cancro al polmone. Uno studio in 9 Paesi e 300.000 persone seguite per oltre 13 anni, pubblicato nel luglio 2013, ha dimostrato la relazione tra aumento delle polveri sottili e numero di tumori, indipendentemente da altri fattori come il fumo di sigaretta. Inoltre la IARC di Lione (L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), ha classificato l'inquinamento atmosferico e le polveri sottili fra i carcinogeni umani di tipo 1. Pertanto pur rimanendo una causa di tumore polmonare minore rispetto al fumo, non per questo non dobbiamo occuparci dei danni alla nostra salute provocati dalle polveri sottili. E’ difficile, da un punto di vista metodologico, stabilire un rapporto certo tra inquinamento e cancro, anche perché per ogni caso accertato si deve verificare se esistano o meno dei fattori legati ad abitudini di vita, all’alimentazione, al luogo di lavoro e persino le caratteristiche genetiche di una certa popolazione. E’ dimostrato ormai da molti studi che i polmoni di chi vive in città , presentano uno stato infiammatorio cronico, come bronchiti, malattie infettive stagionali che durano più a lungo e si ripetono più volte nella stagione freddo-umida
Nel mese di luglio del 2013 la rivista Lancet Oncology ha pubblicato uno studio molto ampio, condotto in 36 diversi centri europei, che ha coinvolto 300.000 persone tra i 43 e i 73 anni in nove diversi Paesi. Per l'Italia ha partecipato il gruppo di epidemiologi dell'Istituto Nazionale Tumori di Milano diretto da Vittorio Krogh. I dati ottenuti, che fanno parte del progetto ESCAPE (European Study of Cohortes for Air Pollution Effects), riguardano persone tenute in osservazione per ben 13 anni. Sono stati registrati le abitudini di vita e i cambi di residenza di ogni persona, per mettere in relazione l'eventuale comparsa di un tumore polmonare con il grado di inquinamento delle aree in cui hanno abitato.
Nel corso del periodo di osservazione si sono ammalate di cancro al polmone 2.095 persone. Di ognuna di esse è stata studiata l'esposizione alle cosiddette polveri sottili (PM 10 e PM 2,5), legate soprattutto all'inquinamento da traffico, ma anche ad altre sostanze prodotte dai riscaldamenti o dalle industrie.
Il risultato non lascia dubbi: per ogni incremento di 5 μg/m3 di PM 2,5, il rischio relativo di ammalarsi di tumore al polmone aumenta del 18%, mentre cresce del 22% a ogni aumento di 10 μg/m3 di PM 10. Sono quindi le polveri sottili le principali responsabili dell'effetto cancerogeno.
Lo studio dice anche non esistono limiti al di sotto dei quali l'effetto nocivo svanisce: si sono infatti registrati incrementi dei casi di cancro al polmone anche in gruppi esposti a un livello di inquinamento inferiore ai limiti massimi di norma secondo l'attuale legislazione europea (pari a 40 μg/m3 di PM 10 e a 25 μg/m3 di PM 2,5), limiti che peraltro vengono facilmente superati per molti giorni di seguito anche nelle grandi città italiane.
Allo smog sembra essere legato principalmente l'adenocarcinoma, una forma di tumore polmonare che si spera di poter individuare precocemente con l'aiuto di test come la TC spirale e l'analisi del microRNA, ambedue ancora allo studio ma molto promettenti. Questo tipo di cancro, se diagnosticato precocemente ha ottime possibilità di cura. Molto importante poi evitare di sommare più rischi insieme come smog, fumo e lavoro in luoghi fumosi, insalubri.
Con queste precisazioni possiamo affermare con i dati alla mano, che l’inquinamento atmosferico provoca 461mila decessi prematuri l ’ anno in Europa, 20 volte di più delle vittime per incidenti stradali. Per chi abita in Pianura Padana, una delle zone più inquinate del continente, sembra un destino inevitabile. Nonostante i dati dimostrino un calo complessivo dell’inquinamento, seppur con tipologie di inquinanti più pericolosi, l’aria in città resta troppo inquinata. Ogni anno vengono infatti abbondantemente e frequentemente superati i limiti di legge (d.lgs 155/2010 che ha recepito la direttiva Ue sulla qualità dell’aria) . In cima alla classifica delle sorgenti primarie di PM10 c’è il riscaldamento con un 45%, di cui il 97% da combustione di legna; il trasporto su strada è al secondo posto con il 25% delle colpe (tra cui spiccano il diesel e l’usura di freni, pneumatici e manto stradale); l’agricoltura si attesta al terzo posto con l’6,7%. L’industria non compare tra i primi posti, anche perché si sono spente molte ciminiere di tante fabbriche. Ma i danni alla nostra nostra salute da polveri sottili vanno al di là dei nostri polmoni, interessano il nostro sistema cardiocircolatorio con un incremento di ischemia miocardica e cerebrale ed ancora uno studio recente che ha coinvolto 3.657 donne statunitensi di età compresa tra i 65 e i 79 anni, monitorate per tre anni attraverso lo screening annuale della funzione cognitiva complessiva e valutazioni neuropsicologica e funzionale. Le partecipanti che vivevano in aree trafficate, dove la concentrazione superava il valore limite di 12 µm/m3 stabilito dall’agenzia statunitense per la protezione ambientale, sono risultate esposte a un rischio dell’81% maggiore di andare incontro a un declino cognitivo complessivo e del 92% di sviluppare una demenza, inclusa quella correlata all’Alzheimer. La correlazione è apparsa ancora più significativa nelle donne portatrici dell’allele ε4 del gene della ApolipoproteinaE, frequentemente associato all’Alzheimer. Rapportato all’intera popolazione, l’inquinamento atmosferico potrebbe costituire la causa di oltre il 21% dei casi di demenza diagnosticati.Una ricerca pubblicata sulla rivista The Lancet Planetary Health evidenzia come i ricoveri per frattura aumentano al crescere dell'inquinamento atmosferico. Inoltre lo studio, condotto presso la Columbia University's Mailman School of Public Health, evidenzia che lo smog si associa a perdita di densità ossea (condizione tipica dell'osteoporosi) e ridotta concentrazione di ormone paratiroideo nel sangue
Commenti
Posta un commento